Lupercalia: i giorni della purificazione

 

 «Gli antenati romani dissero Februe le espiazioni: e ancora molti indizi confermano tal senso della parola. I pontefici chiedono al re e al flamine le lane che nella lingua degli antichi erano dette februe. Gli ingredienti purificatori, il farro tostato e i granelli di sale, che il littore prende nelle case prestabilite, si dicono anch'essi februe. [...] Da ciò il nome del mese, perché i Luperci con strisce di cuoio percorrono tutta la città, e ciò considerano rito di purificazione.» 

(Ovidio, I Fasti 2, 19-24, 31-32ss.)

 



Per gli antichi Romani ‘Februarius’, il mese di Febbraio (dal verbo ‘februare’, ossia ‘purificare’) era considerato un mese di passaggio tra l’inverno e l’inizio della rinascita della natura che sarebbe avvenuta a marzo-aprile, con l'inizio del nuovo anno (tenendo presente che, per i Romani per molte altre civiltà antiche, l’anno nuovo aveva inizio a marzo).

 Durante questo mese, tra il 13 e il 18 Febbraio, si festeggiavano non a caso i Lupercalia, in cui si celebrava il fauno Luperco (in latino Lupercus protettore del bestiame ovino e caprino dall'attacco dei Lupi). La festa era celebrata da giovani sacerdoti chiamati Luperci, seminudi con le membra spalmate di grasso e una maschera di fango sulla faccia; soltanto intorno alle anche portavano una pelle di capra ricavata dalle vittime sacrificate nel Lupercale.

Plutarco riferisce, nella vita di Romolo, che il giorno dei Lupercalia, venivano iniziati due nuovi luperci nella grotta del Lupercale (sul Palatino dove, secondo la leggenda, i fondatori di Roma, Romolo e Remo, sarebbero cresciuti allattati da una lupa) attraverso il sacrificio di capre e, pare, di un cane (che stava a simboleggiare il Lupo che in questo periodo era solito scendere a valle per cacciare le greggi dei villaggi), i due nuovi adepti venivano dunque segnati sulla fronte intingendo il coltello sacrificale nel sangue delle capre appena sacrificate. Il sangue veniva infine asciugato sulla lana bianca intinta nel latte di capra, al che i due ragazzi dovevano ridere.

Questa cerimonia è stata interpretata come un vero e proprio passaggio di status dell'iniziando, nel quale la "segnatura" con il coltello insanguinato rappresenta la morte della precedente condizione "profana", mentre la pulitura con il latte (puro nutrimento del neonato) e la risata rappresentano invece la rinascita alla nuova condizione sacerdotale.Venivano poi fatte loro indossare le pelli delle capre sacrificate, dalle quali venivano tagliate delle strisce, le februa o amiculum Iunonis, da usare come fruste. Dopo un banchetto abbondante, tutti i luperci, compresi i due nuovi iniziati, dovevano poi correre intorno al colle saltando e colpendo con queste fruste sia il suolo per favorirne la fertilità sia chiunque incontrassero, ed in particolare le donne, le quali per ottenere la fecondità in origine offrivano volontariamente il ventre o le mani.

In questa seconda parte della festa i luperci erano essi stessi contemporaneamente capri e lupi: erano capri quando infondevano la fertilità dell'animale (considerato sessualmente potente) alla terra e alle donne attraverso la frusta, mentre erano lupi nel loro percorso intorno al Palatino. Secondo Quilici, la corsa intorno al colle doveva essere intesa come un invisibile recinto magico creato dagli scongiuri dei pastori primitivi a protezione delle loro greggi dall'attacco dei lupi; la stessa offerta del capro avrebbe dovuto placare la fame dei lupi assalitori. Tale pratica inoltre non doveva essere stata limitata al solo Palatino ma in epoca preurbana doveva essere stata comune a tutte le località della zona, ovunque si fosse praticato l'allevamento ovino.

Culmine della festa era poi la 'Februatio', la purificazione della città dagli influssi negativi e dagli spiriti maligni e le donne giravano per la città con ceri e fiaccole accese, simbolo di luce e benevolenza divina. 

Quando a Roma si diffuse il cristianesimo, si continuarono a celebrare i Lupercali perché molti ritenevano che fame, pestilenze e saccheggi dei barbari potessero derivare dalla soppressione dei sacrifici in onore del dio. Fu allora che papa Gelasio I, nel V secolo, convinse il Senato che le disgrazie di Roma erano pittosto le conseguenza del malcostume, della superstizione e dei residui di paganesimo.

 I Lupercali furono così aboliti, ma si avvertì comunque l'esigenza di rimpiazzare la festa pagana con una nuova festa cristiana.  

Fu dunque introdotta la festa della Purificazione della Madonna che cadeva il 2 febbraio, quaranta giorni dopo il Natale (per la religione ebraica, le donne erano considerate impure per i quaranta giorni successivi al parto e bisognose di purificazione per essere riammesse nella società).

La nuova festività fu detta Festa 'delle candele', e in seguito Candelora. Il rituale consisteva in una processione attraverso il Foro fino a Santa Maria Maggiore, con la benedizione dei ceri, simbolo del battesimo che purifica dal peccato originale. Nei secoli, poi, ad occuparsi della Candelora è sempre stata la confraternita della chiesa di Santa Maria dell'Orto, in Trastevere. Oltre ai ceri, la chiesa provvedeva anche alla benedizione delle acque del Tevere. Fin dal XV secolo Santa Maria dell'Orto divenne così la piccola 'capitale' delle altre confraternite e dei sodalizi legati al fiume.

  

Fonti:

Plutarco -  Le Vite Parallele

Renato Del Ponte, La religione dei Romani

Lorenzo Quilici, Roma primitiva e le origini della civiltà laziale 

Wikipedia 

 

 

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